Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
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dicono |
I sadducei, i più ricchi e potenti della casta sacerdotale cercano a modo loro di porre fine allo scandalo dell’insegnamento di Gesù dopo il fallimento dei farisei (cfr Lc 19,47). Si fanno forti della lettura della Torah che non parla di resurrezione per raccontare una paraboletta per esasperare l’idea opposta alla loro in uno stile tipico delle dispute tra scuole diverse.
La loro immaginazione non è del tutto distante dal modo in cui assai ingenuamente si fantastica il paradiso. Siamo influenzati da tradizioni e miti che precedono la fede cristiana, dalle origini più disparate, pensando l’aldilà come una sorta di prolungamento dell’aldiquà. D’altra parte non abbiamo un’altra esperienza rispetto a quella terrena fatta di spazio e di tempo, così questa condiziona anche il nostro pensiero. |
rispose loro |
Nella sua risposta il Signore parla di questo mondo e di vita futura; nel nostro linguaggio permeato di temporalità e di storia coniughiamo tempi diversi così che parliamo al passato, al presente e al futuro. Sono realtà diverse della stessa storia ognuna con dinamiche e caratteristiche proprie: il tempo presente produce il passato ma ha bisogno di futuro per esistere; il futuro invece è fatto soltanto di presente.
Gesù parlando di questo mondo si si riferisce alla dimensione storica che vive tra il passato e il futuro; è il tempo delle dinamiche umane. Gesù, rispondendo alla provocazione dei sadducei, descrive la dimensione storica dell’uomo con; prendono moglie e prendono marito. Letteralmente sarebbe sono maritate: l’uso del verbo una volta attivo ed uno passivo racconta lo stato della donna che nella concezione giudaica entra nei possedimenti dell’uomo, concetto che appartiene a molte culture; da noi sembrerebbe un’idea più che superata ma il fenomeno del femminicidio testimonia il contrario. L’uomo destinato alla morte sopravvive a se stesso generando altri uomini mortali, nella discendenza l’uomo crea il futuro. Così questo mondo esprime nella dinamica generazionale la necessità di dare vita per superare ineluttabilità della morte. È interessante notare come ci sia incremento di nascite nei tempi storici di difficoltà, quando vivere è fatica mentre le nascite diminuiscono in tempi e luoghi di benessere quando il bisogno di futuro è meno percepito. |
figli della risurrezione |
Quelli che sono giudicati degni della vita futura, proprio perché non possono più morire escono dalla dinamica della generazione. Dice san Paolo: non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28).
Le fantasie paradisiache, i sentimentalismi che umanamente proiettiamo nel cosiddetto aldilà non fanno parte del pensiero cristiano mentre ci è chiesto di affidarci a Dio in quanto suoi figli: Ciò che saremo non è stato ancora rivelato (1Gv 3,2).
Gesù parlando dei figli della resurrezione usa il presente perché la vita futura ci coinvolge già da adesso.
Citando la Genesi (2,24) e la vocazione sponsale dell’uomo e della donna san Paolo dice Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! (Cfr. Ef.5,32). La donna non appartiene all’uomo, ma l’uno si offre all’altro, l’unione tra l’uomo e la donna non è in ordine alla procreazione quasi per superare la debolezza della morte, quanto espressione umana della piena comunione di Dio e l’umanità. Questo mistero grande dell’amore permea l’esperienza cristiana che anticipa nella realtà storica quello che intravede come promessa. Le realtà del tempo presente, gli affetti, le relazioni che danno ricchezza e concretezza alla nostra esperienza, proprio perché tutti vivono per lui, non sono destinate ad essere annientate; la nostra umanità non è destinata a disperdersi in una realtà celeste, ma a ricongiungersi in Cristo; il disegno di Dio è ricondurre al Cristo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra (Ef 1,10). La vocazione ad essere un’unica carne dell’uomo e della donna sono segno concreto della vocazione all’unità della Chiesa e di tutta l’umanità: perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato (Gv 17,23). |